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Piazza Portanova e Flavio Gioia
Nella visione moderna le due piazze, Portanova e Flavio Gioia, occupavano due spazi distinti. In origine esse costituivano un unico luogo e assecondano la morfologia del suolo con un dolce declivio verso il mare per cui Portanova sta in una posizione appena più rialzata, mentre la cosiddetta Rotonda occupa uno spiazzo pianeggiante a valle.
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Fino agli inizi dell'Ottocento la città di Salerno era rinchiusa nelle mura e corrispondeva all'attuale Centro Storico, delimitato a ponente dalla Porta dell'Annunziata e a levante dalla Porta Nuova. Mentre la prima è stata demolita insieme alle mura, la seconda esiste ancora oggi in tutta la sua bellezza, ed è collocata sul lato verso il mare fra Piazza Flavio Gioia e Piazza Portanova. Nata ad opera del maestro Ragozzino per sostituirne, nel 1754, una precedente, ha la fattura settecentesca, alla cui sua sommità è collocata una grandiosa statua, opera dello scultore Francesco Pagano (1756), raffigurante S.Matteo, il patrono e protettore della città. Al di fuori delle mura, sul lato orientale, si apriva una vasta pianura dove ha trovato sviluppo la città moderna. |
Qui si svolgeva la celebre Fiera di San Matteo, che nel Medioevo e in età moderna era una delle più prestigiose dell'Italia Meridionale, attirando l'arrivo dei mercanti da ogni parte. Per l'occasione l'area veniva attrezzata con baracche per il deposito e l'esposizione delle merci di ogni genere. Ma la zona era anche il posto dove venivano eseguite le condanne capitali. Per questo motivo, appena fuori dal centro storico, sul lato destro della Piazza è ancora oggi visibile un dipinto murale di fine Seicento, la cosiddetta Madonna delle Grazie, un'edicola votiva dove sostavano i condannati per l'ultima preghiera. |
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Sul lato opposto è collocata la chiesa di San Pietro in Vinculis, in passato sede dell'omonima confraternita che svolgeva assistenza ai carcerati. Essa è ricca di opere d'arte a cominciare dal pregevole altare maggiore in commessi marmorei con sculture barocche ed un dipinto di Michele Ricciardi del 1724.