Lunedì
13 Marzo
Un piccolo morto
Il bimbo che sta nel cortile dell'erbivendola, quello della prima superiore, compagno di mio fratello, è morto. La maestra Delcati venne sabato sera, tutta afflitta, a dar la notizia al maestro; e subito Garrone e Coretti si offersero di aiutare a portar la cassa. Era un bravo ragazzino, aveva guadagnato la medaglia la settimana scorsa; voleva bene a mio fratello, e gli aveva regalato un salvadanaio rotto, mia madre lo carezzava sempre, quando lo incontrava. Portava un berretto con due strisce di panno rosso. Suo padre è facchino alla strada ferrata. Ieri sera, domenica, alle quattro e mezzo siano andati a casa sua, per far l'accompagnamento alla chiesa. Stanno al pian terreno. Nel cortile c'eran già molti ragazzi della prima superiore, con le loro madri, e con le candele; cinque o sei maestre, alcuni vicini. La maestra della penna rossa e la Delcati erano entrate dietro, e le vedevamo da una finestra aperta, che piangevano: si sentiva la mamma del bimbo che singhiozzava forte. Due signore, madri di due compagni di scuola del morto, avevano portato due ghirlande di fiori. Alle cinque in punto ci mettemmo in cammino. Andava innanzi un ragazzo che portava la croce, poi un prete, poi la cassa, una cassa piccola piccola, povero bimbo! coperta d'un panno nero, e c'erano strette intorno le ghirlande di fiori delle due signore. Al panno nero, da una parte, ci avevano attaccato la medaglia, e tre menzioni onorevoli, che il ragazzino s'era guadagnate lungo l'anno. Portavan la cassa Garrone, Coretti e due ragazzi del cortile. Dietro la cassa veniva prima la Delcati, che piangeva come se il morticino fosse suo; dietro di lei le altre maestre; e dietro alle maestre, i ragazzi, alcuni fra i quali molto piccoli, che avevan dei mazzetti di viole in una mano, e guardavano il feretro, stupiti, dando l'altra mano alle madri, che portavan le candele per loro. Sentii uno che diceva: - E adesso non verrà più alla scuola? - Quando la cassa uscì dal cortile, si sentì un grido disperato dalla finestra: era la mamma del bimbo, ma subito la fecero rientrar nelle stanze. Arrivati nella strada, incontrammo i ragazzi d'un collegio, che passavano in doppia fila, e visto il feretro con la medaglia e le maestre, si levaron tutti il berretto. Povero piccino, egli se n'andò a dormire per sempre con la sua medaglia. Non lo vedremo mai più il suo berrettino rosso. Stava bene; in quattro giorni morì. L'ultimo si sforzò ancora di levarsi per fare il suo lavorino di nomenclatura, e volle tener la sua medaglia sul letto, per paura che glie la pigliassero. Nessuno te la piglierà più, povero ragazzo! Addio, addio. Ci ricorderemo sempre di te alla Sezione Baretti. Dormi in pace, bambino.
La vigilia del 14
Marzo
Oggi è stata una giornata più
allegra di ieri. Tredici marzo! Vigilia della distribuzione dei premi al teatro
Vittorio Emanuele, la festa grande e bella di tutti gli anni. Ma questa volta
non sono più presi a caso i ragazzi che debbono andar sul palcoscenico a
presentar gli attestati dei premi ai signori che li distribuiscono. Il Direttore
venne questa mattina al finis, e disse: - Ragazzi, una bella notizia. - Poi
chiamò: - Coraci! - il calabrese. Il calabrese s'alzò. - Vuoi essere di quelli
che portano gli attestati dei premi alle Autorità, domani al teatro? - Il
calabrese rispose di sì. - Sta bene, - disse il Direttore; - così ci sarà
anche un rappresentante della Calabria. E sarà una bella cosa. Il municipio,
quest'anno, ha voluto che i dieci o dodici ragazzi che porgono i premi siano
ragazzi di tutte le parti d'Italia, presi nelle varie sezioni delle scuole
pubbliche. Abbiamo venti sezioni con cinque succursali: settemila alunni: in un
numero così grande non si stentò a trovare un ragazzo per ciascuna regione
italiana. Si trovarono nella sezione Torquato Tasso due rappresentanti delle
isole: un sardo e un siciliano, la scuola Boncompagni diede un piccolo
fiorentino, figliuolo d'uno scultore in legno; c'era un romano, nativo di Roma,
nella sezione Tommaseo, veneti, lombardi, romagnoli se ne trovarono parecchi; un
napoletano ce lo dà la sezione Monviso, figliuolo d'un ufficiale; noi diamo un
genovese e un calabrese, te, Coraci. Col piemontese, saranno dodici. È bello,
non vi pare? Saranno i vostri fratelli di tutte le parti d'Italia che vi daranno
i premi. Badate: compariranno sul palcoscenico tutti e dodici insieme.
Accoglieteli con un grande applauso. Sono ragazzi; ma rappresentano il paese
come se fossero uomini: una piccola bandiera tricolore è simbolo dell'Italia
altrettanto che una grande bandiera, non è vero? Applauditeli calorosamente,
dunque. Fate vedere che anche i vostri piccoli cuori s'accendono, che anche le
vostre anime di dieci anni s'esaltano dinanzi alla santa immagine della patria.
- Ciò detto, se n'andò, e il maestro disse sorridendo: - Dunque, Coraci, tu
sei il deputato della Calabria. - E allora tutti batterono le mani, ridendo, e
quando fummo nella strada, circondarono Coraci, lo presero per le gambe, lo
levaron su, e cominciarono a portarlo in trionfo, gridando: - Viva il deputato
della Calabria! - così, per chiasso, s'intende, ma non mica per ischerno,
tutt'altro, anzi per fargli festa, di cuore, ché è un ragazzo che piace a
tutti; ed egli sorrideva. E lo portaron così fino alla cantonata dove
s'imbatterono in un signore con la barba nera, che si mise a ridere. Il
calabrese disse: - È mio padre. - E allora i ragazzi gli misero il figliuolo
tra le braccia e scapparono da tutte le parti.
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